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DUNE, IL DIALOGO TRA ORIENTE E OCCIDENTE DI SHARG ULDUSÙ 4TET: INTERVISTA CON ERMANNO LIBRASI

Argomenti: Fatti Musicali, Interviste, Musica, primopiano.

4Tet
Francesco D’Auria-Max De Aloe-Elias Nardi-Ermanno Librasi

Quando parla di musica e del suo nuovo disco, Ermanno Librasi immagina qualcosa di molto alto, che possa superare il contributo dei singoli musicisti per creare un incontro, un riconoscersi, un dialogo. E’ questo l’obiettivo più significativo di Sharg Uldusù 4Tet, orgoglioso di un album fresco e affascinante come Dune, pubblicato da Abeat Records e distribuito da IRD.

Dune non è solo la fotografia di un percorso tra geografie reali e immaginarie, tra musiche di varie aree del mondo come il jazz e quella tradizionale dell’altra sponda del Mediterraneo. E’ anche il fermo-immagine che immortala un quartetto di musicisti carismatici e creativi, che portano in dote il frutto di numerose esperienze individuali e collettive. Sharg Uldusù 4Tet è un’evoluzione dell’Ensemble Sharg Uldusù (che in lingua azera significa “Stella d’Oriente”) di Ermanno Librasi, Elias Nardi e Zakaria Aouna: dopo aver incontrato Max De Aloe nel 2012, l’Ensemble approfondisce sempre di più l’ipotesi di connessione con il jazz fino a ufficializzare la nascita del quartetto con l’ingresso di Francesco D’Auria.

Dune è proprio il primo passo di questo inedito organico dopo i tre album dell’ensemble: “Dune è suonato da una nuova formazione, con tutto ciò che comporta dal punto di vista sia della ricerca timbrica che degli obiettivi che si propone di raggiungere. Abbiamo allargato il campo d’azione verso nuovi suoni rappresentati dalla armonica/fisarmonica di Max e dalle percussioni di Francesco, dialoghiamo col jazz più raffinato e lanciamo ponti verso sonorità originali che superano frontiere e pregiudizi. Il fraseggio suonato dall’oud di Elias si fonde con le ance libere di Max, il clarinetto basso di Ermanno sostiene le frequenze più profonde insieme alla cassa della batteria e la fisa introduce quella “terza dimensione” armonica che la tradizione del vicino/medio oriente non conosce”.

Brani popolari e colti di tradizione turca, turco/rom e afgana, pezzi originali scritti dai quattro musicisti, la popolare Nihawend Lunga di Tamburi Cemil Bey in apertura: Dune si nutre di svariate suggestioni dovute anche all’uso di timbriche peculiari e seducenti come oud, balaban, furulya, bass harmonica, hang etc. e oltre al dialogo come obiettivo centrale del progetto, mostra anche lo scambio prettamente strumentale tra i membri del quartetto, con un occhio all’improvvisazione e la partecipazione in due episodi del percussionista Emanuele Le Pera.
Cosa significa Sharg Uldusù?
Sharg Uldusù significa “Stella d’Oriente” in lingua azera. Il nome è stato scelto nel lontano 2001 quando è avvenuto l’incontro tra me e Fakraddin Gafarov, virtuoso di Tar proveniente da Baku, capitale dell’Azerbaijan. Da questa esperienza nasce l’Ensemble Sharg Uldusù con l’idea di sperimentare nuovi percorsi musicali tra oriente e occidente.

Ermanno tu sei un musicista di formazione classica ma in seguito sei entrato in contatto con il mondo della musica etnica, attivando numerose collaborazioni: qual è stata la scintilla musicale che ti ha rapito e ti coinvolge ancora oggi in questo ambiente sonoro multietnico?
A partire dalla fine degli anni settanta ho cominciato a viaggiare in paesi che ancora oggi mi affascinano come Algeria, Turchia, Marocco, portando spesso a casa strumenti musicali che imparavo a suonare da autodidatta (allora non esisteva Youtube) cercando di imitare le melodie e i ritmi che ascoltavo su cassette acquistate in loco. Tra lo studio accademico del clarinetto e l’esperienza etno/world, ci sono gli anni novanta da me dedicati all’apprendimento dell’improvvisazione in ambito jazz con due grandi maestri come Paolo Tomelleri ed Emanuele Cisi. L’improvvisazione e la propensione verso un idea “sciamanica” della musica hanno fatto si che le due esperienze, i viaggi e il jazz, si fondessero in una visione aperta e multiculturale della mia personale ricerca verso sonorità calde ed evocative. A conferma di questa immagine visionaria arrivano, sempre negli anni novanta, album come Madar di Jan Garbarek, Thimar di Anouar Brahem e John Surman e Astrakan Cafè ancora di Brahem con Barbaros Erkose al clarinetto turco, tre pietre miliari della musica che cerca nuovi dialoghi tra oriente e occidente.

Dune è il quarto album di Sharg Uldusù : quali sono le differenze dai tre predecessori?
Dune è suonato da una nuova formazione rispetto ai precedenti album, con tutto ciò che comporta dal punto di vista sia della ricerca timbrica che degli obiettivi che si propone di raggiungere. Sharg Uldusù 4Tet allarga il campo d’azione verso nuovi suoni rappresentati dalla armonica/fisarmonica di Max e dalle percussioni di Francesco, dialoga col jazz più raffinato e lancia ponti verso sonorità originali che superano frontiere e pregiudizi. Il linguaggio suonato dall’oud di Elias si fonde con le ance libere di Max, il clarinetto basso viene usato per sostenere le frequenze più profonde insieme alla cassa della batteria e la fisarmonica introduce quella “terza dimensione” armonica che la tradizione del vicino/medio oriente non conosce.

In Dune compare del materiale tradizionale accanto a brani firmati dai singoli membri. Cosa puoi dirci dei brani della tradizione che avete rielaborato?
Nihawend Lunga è in realtà un brano d’autore composto da Tamburi Cemil Bey (Istanbul 1873/1916), importante musicista che rinnovò la tradizione ottomana a cavallo tra XIX e XX secolo. Il titolo del brano rappresenta il “maqam” nel quale è stato composto, cioè il modo, la scala che è stata scelta e che trasmette determinati stati d’animo all’ascoltatore.
Layli Djan in lingua afgana significa “cara Layli” ed è, in origine, una melodia d’amore dedicata alla ragazza che si vuole conquistare. Kir Cicek vuol dire “Fiore Selvatico” in turco. Di tradizione popolare, è in ritmo di 5/4. Uskudar è una delle più conosciute melodie di tutto l’oriente ed è di tradizione turco/rom. Ne esistono decine di versioni, anche cantate, nelle lingue di quasi tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, compreso il siciliano!

D’Auria, De Aloe e Nardi sono i tre ottimi musicisti che partecipano con te all’esperienza Sharg Uldusù 4Tet: quali sono le caratteristiche dei brani scritti da loro?
Quando abbiamo deciso di registrare anche brani originali oltre a quelli della tradizione, ci siamo dati come punto di partenza un’ispirazione fatta di luoghi, colori, sapori che fossero la continuazione di un discorso legato a un suono originale e caratteristico. Da qui la scelta di Max di proporre Cisternino, brano scritto e interpretato in solo con l’ausilio di una loop machine che diventa patrimonio del gruppo che lo reinterpreta e Fragman, questo si in solo con fisarmonica; di Elias di suonare Fil Hadika (Nel Giardino in lingua araba) scritto per un suo precedente lavoro; di Francesco di usare lo hang, uno strumento inventato da uno svizzero, che ha sonorità che richiamano le steel drum caraibiche e che nelle sue mani diventa suono puro senza tempo né spazio.

Fronte

Che rapporto c’è tra scrittura e improvvisazione in Dune?
Lo stesso rapporto che c’è nella musica jazz modale, che è identico a quello che si trova nella musica tradizionale extra europea: i temi rappresentano la riconoscibilità del brano e la capacità compositiva di chi lo ha scritto, le improvvisazioni mettono in risalto l’abilità tecnico/espressiva del musicista.
In occidente, in ambito colto, abbiamo perso nel corso del tempo il gusto per l’improvvisazione a favore di una musica totalmente scritta che va “solo” interpretata. Fior di musicisti, da Frescobaldi a Chopin, da Bach a Mozart, erano abili improvvisatori e il pubblico partecipava con entusiasmo a vere e proprie gare di bravura. Oggi si improvvisa nel jazz e nelle musiche tradizionali che hanno mantenuto costante questo affascinante aspetto dell’arte dei suoni.
In un periodo delicato come questo, con le nuove migrazioni al centro delle cronache e dell’agire politico, che ruolo assume una musica come la vostra, che cerca di far dialogare culture differenti?
È proprio il dialogo il nostro principale obiettivo! L’arte e la società civile sono sempre state avanti rispetto al sentire politico/istituzionale. Ma esiste già un nuovo mondo nel quale gli uomini si riconoscono nella loro umanità e non si discriminano per provenienza o colore della pelle, però mancano la forza e la cultura diffusa in grado di vincere pregiudizi, interessi e calcoli meschini. Forse musiche come la nostra possono accelerare questo processo di integrazione tra culture che spesso la politica vuole tenere distanti.

In merito a questa fusione di linguaggi musicali, parlate di sguardo “rigorosamente laico”…
Quando c’è di mezzo la religione la gente non ragiona più! “Sguardo rigorosamente laico” è una premessa indispensabile per chiarire il nostro punto di vista sia artistico che umano!

Da novembre Dune proseguirà la sua esperienza live: cosa accade nei concerti di Sharg Uldusù 4Tet?
Nei concerti di Sharg Uldusù 4Tet accade di tutto! Tra il pubblico, di solito, c’è chi ascolta rapito da suoni provenienti da strumenti che probabilmente non ha mai visto ne sentito ( balaban, furulya, oud, hang, armonica bassa…), chi balla una vorticosa belly dance coinvolta da ritmi incalzanti ed esotici e chi, per fortuna solo alla fine della performance, ti fa mille domande sul “come mai” facciamo “questa roba”; tra i musicisti, oltre che suonare, si ride e si scherza, si raccontano aneddoti e si fanno battute (soprattutto Max che è un vero “cabarettista”) che suscitano ilari e divertite reazioni. Il tutto in un clima che dall’eccitazione più accesa (come nel finale di Nihawend) passa alla calma meditativa (Dune) poi a un sentire comune di suoni ancestrali (Uskudar) per concludersi con la sensazione di aver compiuto un viaggio tutti insieme in un universo sano, vero e finalmente armonioso.

Retro

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SHARG ULDUSÚ’ 4et

“Dune” – ABEAT Records, 2015

Era un bel po’ di tempo che non ascoltavo la musica di Sharg Uldusu. Parecchio tempo. Diciamo dal 2004, dai tempi di “Sarevan”, nel quale Ermanno Librasi era accompagnato dal percussionista Darioush Madani e dal suonatore di saz, tar e bendir Fakhraddin Gafarov. Mea culpa.

Molto tempo è passato, cambiata è la formazione (ora è un quartetto con Ermanno Librasi ai fiati “etnici”, Max De Aloe all’armonica cromatica e bassa oltre che alla fisarmonica, Elias Nardi all’oud e Francesco D’Auria alle percussioni), ma la barra del timone indica la stessa direzione, costante verso “la stella d’oriente” (Sharg Uldusu in azero).

Questo “Dune” è il quarto episodio del gruppo di Ermanno Librasi, ed è un affascinante viaggio tra brani tradizionali e brani originali, tra temi popolari ed improvvisazioni modali di stampo jazzistico che a tratti ricordano le sonorità delle più significative registrazioni del libanese Rabih Abou Khalil per la Enja (“The Sultan’s Picnic”).

Una musica, quella di Sharg Uldusu, di rara bellezza e raffinatezza che catapulta l’ascoltatore ora nei suk, ora nelle più colte sale da concerto e nei lussureggianti giardini (Fil Hadika) del vicino Oriente: la lunga introduzione di oud di Kir Cicek, brano di tradizione turca, la breve ma suggestiva composizione per sole percussioni “E le stelle” di D’Auria, e la scrittura di Elias Nardi “Fil Hadica” (presente anche nel CD “Orange Tree” del suo quartetto pubblicato nel 2010, naturalmente con un diverso arrangiamento) sono i brani che vi segnalo per dovere di cronaca.

Un bel progetto che mi auguro abbia un seguito, visti gli assolutamente condivisibili elogi di riviste molto autorevoli come bloogfolk e Folk Bulletin. Io mi limito a consigliarvelo e magari, se la “stella d’oriente” dovesse passare dalle vostre parti………………….avete capito cosa intendo dirvi.



Bell’articolo con Bio e Intervista su
Lineatrad n. 40/Ottobre  pg. 35/36/37

         http://www.lineatrad.com

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